Io e la Fiorentina, da quel 3-3 al ghigno di papà

La partita con la Fiorentina per me ha sempre avuto un significato particolare, non certo per la rivalità. Quale rivalità volete che ci sia, per di più per uno che vive a Roma, con una squadra che da quando siamo nati non ha vinto praticamente mai? Nessuna. Come con il Toro, ok la rivalità cittadina ma niente più.
E allora perché ha un significato particolare? Semplice, Firenze è la trasferta che ho fatto più spesso da quando ero adolescente. Anzi, faccio una confessione: la Viola mi era simpatica perché, al pari della Samp, mi incuriosiva la sua maglia; lo ammetto, la sceglievo spesso a Subbuteo. Pensate quanto sentissi la rivalità!
Le trasferte, dicevo. Il mio primo Fiorentina-Juventus fu un bellissimo 3-3. Erano gli inizi degli anni 80 e al termine di una partita rocambolesca Contratto deviò nella sua porta il pallone del definitivo 3-3. Grande gioia. Poi ricordo uno 0-1 gol di Brio di testa, sempre in curva Ferrovia. Ma non ho vissuto solo vittorie: ricordo un 2-0 per la Fiorentina con Passarella e Berti visto in Maratona in mezzo a tutti viola, un’altra volta 1-1 gol viola di Rebonato.
Bellissime trasferte, piene di tensione, rischio di qualche rissa. Ma eravamo giovani e incoscienti. E poi, alla fine degli anni ’80, il mio primo incontro con gli ultras fu proprio a Firenze.
E lì ho conosciuto piano piano Luca, Natan, Franchino di Melzo, Luigi di Genova, Alberto amichevolmente detto Psyco, Ermanno di Livorno e tanti altri.
Un gruppo eterogeneo, ma diventarono poi gli amici di tante trasferte, i compari di tante risate. Tutto nacque contro la Fiorentina e furono anni divertentissimi. Trasferte in Europa, e poi se ci sono dei fumogeni nascondere, ecco trovato il nascondiglio: nelle mutande del sottoscritto, che pare avesse la faccia da bravo ragazzo universitario.
Quella doppia finale di Uefa, per noi che eravamo passati da Platini a Magrin fu una bellissima rivincita dopo anni di amarezze. Ricordo che a Torino uno sbandieratore andò sotto il settore ospiti a farli rosicare. Per 3-4 minuti gli hanno tirato di tutto : accendini, bottigliette, monete e tutto ciò che fosse possibile.
Quello usava il bandierone come scudo e intanto ci faceva godere.
E il ritorno ad Avellino, campo neutro causa squalifica del campo viola: 0 a 0, Coppa a noi e tutti a casa.
Il ritorno a Roma in bus fu pieno di tensione, in ogni autogrill era un pullulare di bus viola, non proprio vogliosi di farci i complimenti per il titolo appena conquistato.
In tempi più recenti, una delle mie prime partite in tribuna stampa, forse proprio la prima fu quando la Fiorentina vinse dopo un secolo a Torino.
Molinaro fa rimbalzare una palla di troppo e Osvaldo infila (si farà perdonare anni dopo, qui a Roma). Dietro a me, due tifosi–giornalisti viola impazziti, non parlavano ma gemevano strani versi, come se gli stesse per prendere un colpo apoplettico. Fortunatamente per la loro salute, non capita troppo spesso, e di solito possono toranre a casa con l’ugola non intaccata.
E poi, i ricordi vanno e vengono, quella volta a Pisa, mettendo in mostra gli striscioni viola rubati l’ anno prima, ora esposti dagli ultras della Juve.
Infine, stavolta non allo stadio, ancora nel 81-82 , l’anno di Catanzaro – Juve, rigore di Brady e ultima sua partita. Fiorentina un punto sotto la Juve, scontro diretto a Firenze. Tensione assoluta. Sono in auto con papà, viaggiamo sulla autostrada del sole con la Alfetta.
Juve con barricata Trapattoniana per lo 0-0 . In Radio (per chi non le ha mai vissute negli anni 80 ) le partite venivano vissute anche sull’onda del tifo in sottofondo. Se la Juve giocava a Torino e interrompevano dal comunale con boato , ovviamente la Juve aveva segnato, altrimenti il silenzio era un gran brutto segno. E anche durante le azioni si sentivano i commenti di quelli vicino.
Siamo in auto, radio accesa: Ameri linea a Firenze per il match clou. Ciotti (o magari era l’opposto, non importa): palla ad Antognoni, Antognoni , dribbling su Cabrini, scarta anche Brio, Antognoniiiiiii Antognoniiiiiiiiiii , tensione massima, mio padre mani sudate sul volante, io che smaltivo di brutto.
Si sente uno (evidentemente non lontano da Ciotti) che urla: “ma VAFFANCULO “ e prima che Ciotti riesca a dire “ tiro alle stelle” , io e mio padre riprendiamo una posizione rilassata, la smorfia è sparita e un ghigno beffardo si stampa sulle labbra di mio padre. Tante volte allo stadio, eppure il ricordo più bello, forse, è proprio quel ghigno di mio padre, ascoltando la radio.